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domenica 6 agosto 2017

OLTRE L'ORIZZONTE


James tese il braccio e, indicando un punto imprecisato, cominciò a parlare così.
- Vedi? C'è il mare, con il suo senso di vastità e di corrente; e poi c'è il cielo, con quel suo senso di immenso e di sconosciuto -.
Poi sempre tenendo il braccio teso indicando un punto indefinito che, per un attimo sembrò diventare certo, continuò dicendo - Io sono quel punto la. Qualcuno lo chiama orizzonte quando lo indico. Eppure io non parlo di quel punto in particolare. L'orizzonte è il mezzo con cui scindiamo il cielo e il mare, il nostro strumento di scelta per decidere cosa guardare o a chi ispirarsi. Io, invece, sono precisamente appena dietro l'orizzonte.  Quel punto indefinito e un po' inutile che nessuno vede o che tutti vedono, ma disinteressati dalla sua inutilità, non osservano per tendere all'orizzonte. Così, dunque, è questa mia vita. Non è cielo, non è mare. Ed è priva di strumenti per definirla. È una vita fatta male la mia. È una vita di rimorsi che sanno di sensi di colpa, di rimpianti  che sanno di respiri persi, di lacrime più amare del veleno che le ha generate -.
James abbassò il braccio, sospirò e tornò a guardare quel punto oltre tutto, tanto oltre da non sembrare presente.
- Per me quello è comunque l'orizzonte - disse il suo amico.
- Per chi sa di sé stesso, ogni cosa è definita. Per chi non sa niente della propria anima, ogni cosa è indefinita. Come quel punto nel mondo dove ogni cosa si perde -.
Sospirò e concluse - Quella è casa mia: dove tutto si perde -.

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